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Considerazioni sui libri di testo e una proposta

28 APRILE 2023

Bisogna premettere che, è vero, io ero stato abituato male dal mio professore di filosofia al liceo, che lasciava assolutamente intonso il manuale (il Lamanna: mai usato e sempre rivenduto) e ci dettava la sua visione della filosofia (cosa di cui gli sono ancora grato), e soprattutto da alcuni professori in Cattolica (Bontadini su tutti) che mi avevano fatto vedere cosa vuol dire “pensare” senza preoccuparsi degli schemi precostituiti.

Be’ insomma per farla breve a un certo punto ho capito che il problema non era questo o quel libro di testo, ma era proprio il loro essere libri, ossia sequenze fisse di testi che, per il solo fatto di essere inamovibili e immodificabili, chiedono di essere ripetute nello stesso modo. Tu potevi fare la migliore lezione frontale del mondo, potevi fare schemi e mappe alla lavagna con i gessetti colorati, potevi ripassare ogni volta la lezione precedente con una serie di domandine dal posto senza voto, ma alla fine i ragazzi studiavano e ripetevano IL testo.

Non so se anche voi vi ritrovate in questa descrizione. Magari erano (e sono) fisse mie: magari qualcuno si trova bene a chiosare il manuale, oppure a spiegare una parte e lasciare che i ragazzi finiscano per conto loro dall’altra… non so, ciascuno ha scegliere il percorso che ritiene migliore e certamente anche affidarsi al manuale ha un suo perchè.

Avevano senz’alto ragione i colleghi che all’epoca mi ammonivano: “Ma tu in fin dei conti gli passi i tuoi appunti e non puoi fare lezione solo sui tuoi appunti, perché ti chiudi su te stesso: sei troppo presuntuoso — per dirla tutta -se non accetti il confronto con gli altri. Chi ti assicura che tu non stia prendendo una cantonata pazzesca su Kant o su Hegel? Le case editrici invece hanno tutte un comitato scientifico che garantisce la correttezza di quello che viene pubblicato, e quindi bisogna continuare a usare i manuali”.

In effetti ero stato solo fortunato col mio docente alle superiori, quello che non usava il manuale e voleva solo i suoi appunti, perché era davvero un grande insegnante (e adesso posso dirlo con cognizione di causa). In linea di principio l’obiezione contro l’uso “privato” degli appunti era e resta valido.

La prima idea fu quella di immaginare una specie di “ipertesto cartaceo”, formato di schede, ciascuna delle quali contenesse un solo paragrafo (sufficientemente lungo e comunque adattato alla misura della pagina stessa): il docente avrebbe scelto le cento o duecento schede che pensava di usare in quella determinata classe e la casa editrice (che avrebbe dovuto avere un enorme magazzino in cui tenere in pacchetti ben ordinati centinaia e centinaia di copie di ciascuna scheda) avrebbe “cucito” il libro addosso alla classe consegnando ai ragazzi solo le schede richieste dal docente: ogni classe quindi avrebbe avuto un percorso diverso, pur avendo in partenza materiali validati e omogenei per tutti.

“Bellissimo” mi dissero in Bruno Mondadori, “ma è una follia per i costi del magazzino e noi non lo faremo mai”. E furono di parola, naturalmente. Il progetto non partì mai.

All’epoca nessuna casa editrice aveva fiducia nella Rete, che peraltro era ancora primitiva da tanti punti di vista: si pensava che forse si sarebbe potuto fare qualcosa usando i cd, ossia dei supporti fisici di un contenuto digitale. La cosa essenziale, in questa procedura, era l’aggettivo “fisico”, che garantiva la persistenza del modello tradizionale di businnes: io vendo a te una cosa ben identificata perchè, appunto, materiale tu dai a me un po’ di soldi altrettanto solidi e materiali. Partecipai al progetti BIM della Bruno Mondadori con un libretto sulla Rivoluzione industriale, corredato di cd che riproduceva tutti i contenuti del libretto stesso. Era una idea carina, per l’epoca, ma in realtà la casa editrice non ci credeva veramente e comunque questa metodologia che io sappia rimase confinata a proposte di contorno, senza mai toccare l’hard core del manuale vero e proprio.

E poi arrivò internet, l’HTML 4.0, le prime versioni di MOODLE, la tecnologia in print-on-demand.

È come un enorme gioco del Lego, dove i mattoncini sono sostituiti dalle informazioni, che vengono offerte ai ragazzi in una modalità semilavorata, come i materiali di un cantiere che devono essere assemblati per realizzare la casa.

Ci riescono, i ragazzi? Valutate voi in fondo ci sono i link a un po’ di “quaderni-dispensa” realizzati nel corso degli anni

Quello che mi preme è sapere se per caso ci fosse qualcuno interessato a provare o meglio ancora a darmi una mano, dato che il progetto per definizione non ha limiti e rende davvero possibile la pluralità dei punti di vista, anche su uno stesso argomento.

mail to: martino.sacchi@liceo-melzocassano.edu.it

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